Descrizione
Le otto tappe del pellegrinaggio sulla Francigena siciliana:
- Messina a Spadafora (km 21)
- Da Spadafora a Castroreale (km 25)
- Da Castroreale a Tripi (km 30)
- Da Tripi a Floresta (km 28)
- Da Floresta a Bronte (km 34)
- Da Bronte a Paternò (km 30)
- Da Paternò a Ramacca (km 32)
- Da Ramacca a Caltagirone (km 29)
Nella prima tappa i pellegrini hanno percorso il tratto del sentiero della Francigena Badiazza-Colle San Rizzo, Il punto di partenza dell’itinerario era alla Badiazza, la Chiesa di Santa Maria della Scala. Il sentiero dell’originario percorso dei pellegrini che si sviluppava lungo le tappe delle stazioni di posta, segnate nella Tavola Peutingeriana. La Francigena che portava i pellegrini all’imbarco di Messina, dopo aver superato il corridoio dei Colli San Rizzo, incrociava l’hospitale lo Muto, che sorgeva nella frazione Giammoro del comune di Pace del Mela nei pressi del torrente Muto. Capo d’Orlando e il Capo Oliveri, oggi Capo Tindari. Goffredo di Viterbo, nel suo Pantheon ultimato nel 1186, narra che questi due promontori portano i nomi dei paladini Orlando e Oliveri, da quando Carlomagno, al ritorno dal suo pellegrinaggio a Gerusalemme, fece tappa a Palermo. tratto stradale compreso tra i due promontori è il più difficoltoso per questo motivo, nel Medioevo era stato messo sotto la tutela dei due paladini che erano riconosciuti dai pellegrini come loro protettori.
Alla stessa tematica carolingia, e forse allo stesso periodo, appartengono due oronimi rilevati nel territorio di Patti, sulla stessa strada che conduce dal Capo d’Orlando al Capo Oliveri. Uno identifica il monte Gioiosa, l'altro è attestato come Monjoy e anche come Mongioia, oggi Monte Giove23. Nell'epica carolingia, infatti, Gioiosa è il nome della spada di Carlomagno, e Mongioia, in francese monjoie, indica indifferentemente l’orifiamma Nella cultura del pellegrino medievale il termine monjoie assunse diversi significati, tutti riscontrabili nella zona del Monte Giove, il Monjoy siciliano. Il termine, infatti, era usato anche per indicare il mons Gaudii, il monte della Gioia, cioè l’altura da dove il pellegrino poteva scorgere per la prima volta la sacra meta.
Il Monj liano è un monte della Gioia perché dalla sua sommità si osserva Tindari, un luogo in cui ancora oggi si custodisce una scultura lignea raffigurante la Madonna Nera, realizzata tra l’XI e il XII sec. secondo una tecnica molto diffusa in Borgogna. Oltre a questi significati, il Monjoy siciliano, o Mongioia, Monte Giove, riconduce al Monjou, o Mont Joux, Mons Jovis, oronimi con i quali si indicava il Gran San Bernardo, il punto di valico più importante per entrare in Italia dal nord-Europa attraverso la via Francigena. La Palermo-Messina e la via Francigena nella Piana di Milazzo Anche in Sicilia, superato il Monjoy e avanzando nella Piana di Milazzo, nel 1089 è segnalata una via Francigena come uno dei confini che si estendeva «usque ad mare contra Sanctum Ioannem » e delimitava le «terras Bucelli» donate da Goffredo Borrello alla Chiesa di Messina.
Queste terre sono state identificate con l’attuale contrada Bozzello, nel Comune di Milazzo, che confina con il territorio di S. Filippo del Mela press’a poco lungo la Palermo-Messina. Appare chiaro, dunque, che l'ospitalità doveva essere garantita contemporaneamente lungo tutto il percorso, in maniera da consentire al pellegrino di rispettare un ruolino di marcia, fermandosi alla fine di ogni giornata, per rifocillarsi, ricevere cure, pernottare e acquisire informazioni prima di rimettersi in cammino al sorgere del sole. Gli hospitalia, quindi, erano punti di sosta obbligati per il pellegrino che si affidava alla perfetta organizzazione di Ordini cavallereschi quali gli Ospitalieri, i Templari, i Teutonici. Palermo, Termini, Cefalù, Tusa, Acquedolci, Brolo, Tindari, lo Muto, Messina.